Decreto ingiuntivo - Opposizione - Carenza di giurisdizione del giudice italiano
(Sentenza 2 marzo 2009 Tribunale di Pistoia)
[Dott. Niccolò Calvani]
di Franco Ballati
Interessante decisione del Tribunale di Pistoia in materia di carenza di giurisdizione del giudice italiano, nella sentenza che si commenta del 2.3.2009.
La fattispecie
La ricorrente chiede l'emissione di un decreto ingiuntivo a carico di una ditta avente sede legale in Belgio, per l'acquisto di merce (poi rilevatasi difettosa).
La convenuta si è costituita in giudizio, eccependo, in via preliminare la carenza di giurisdizione del giudice italiano, essendo competente a giudicare quello belga, ove la ditta opponente ha la sede legale, a norma anche dell'art. 5 del regolamento CE 44/2001.
Diritto
Il G.I. del Tribunale di Pistoia ha accolto l'eccezione proposta ed ha dichiarato nullo il decreto ingiuntivo opposto per carenza di giurisdizione.
Statuisce infatti l'art. 5 del regolamento CE n. 44/2001, entrato in vigore in data 1.3.2002:
''La persona domiciliata nel territorio di uno stato membro può essere convenuta in un altro stato membro
a)in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita;
b)... salvo diversa convenzione, il luogo di esecuzione dell'obbligazione dedotta in giudizio è
- nel caso di compravendita di beni, il luogo situato in uno stato membro, in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto ...;
c)la lettera a) si applica nei casi in cui non è applicabile la lettera b).
Il regolamento (che sostituisce, fra gli stati membri, la Convenzione di Bruxelles del 27.9.1968 avente ad oggetto la disciplina della competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale) si inserisce in una più ampia riforma comunitaria avente il fine sia di coordinare le diverse discipline processuali dei paesi facenti parte della Comunità Europea sia di semplificare il riconoscimento e quindi, l'esecuzione delle sentenze emesse da giudici degli altri stati membri.
Il Tribunale di Pistoia ha accolto in pieno l'eccezione dell'opponente, sulla base anche di sentenze univoche della Corte di Cassazione, riportate dalla sentenza in questione.
Ciò in forza dell'art. 23 del predetto regolamento, che così recita:
''qualora le parti, di cui almeno una domiciliata nel territorio di uno stato membro, abbiano attribuito la competenza a un giudice o dei giudici di uno stato membro a conoscere delle controversie presenti o future, nate da un determinato rapporto giuridico, la competenza esclusiva spetta a questo giudice o ai giudici di questo stato membro.
Detta competenza è esclusiva, salvo diverso accordo fra le parti. La clausola attribuitiva di competenza deve essere conclusa:
a)per iscritto o oralmente con conferma scritta;
b)in una forma ammessa dalle pratiche che le parti hanno stabilito fra loro ...''
La previsione della competenza del Foro di Pistoia, contenuta nelle clausole generali stampate sul retro delle fatture, non risultava essere stata firmata per accettazione dalla ditta belga.
Cosicché (vedi ord. Corte Cass., Sez. Unite, 14.5.2007, n. 10941) ''nella fattispecie non si può ricorrere al criterio dell'accordo derogatorio delle parti. Questo è regolato dall'art. 23 del Regolamento, il quale prevede una forma di proroga della competenza a conoscere controversie, presenti o future, in forza di clausola: a) redatta per iscritto o oralmente con conferma scritta; b) oppure in una forma ammessa dalle pratiche che le parti hanno stabilito tra loro; e) nel commercio internazionale, oppure ancora in una forma ammessa da un uso che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere e che, in tale campo, è ampiamente conosciuto e regolarmente rispettato dalle parti di contratti dello stesso tipo nel ramo commerciale considerato.
Questo accordo, nella fattispecie, non è indicato dalle parti, se non con il generico richiamo al fatto che il pagamento doveva avvenire mediante versamento del prezzo presso una Banca italiana. Dunque, è problematica l'individuazione del luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio deve essere eseguita.
Sul punto, infatti, si contrappongono due tesi: a) quella più antica, che l'obbligazione dedotta in giudizio è di pagamento e questo, indipendentemente dalla deroga convenzionale, nella fattispecie, doveva essere eseguito in Italia, domicilio del creditore (art. 1183 c.c., comma 3); b) quella più recente, adottata da Cass. 20887/2006, che l'unico luogo in cui deve essere eseguita l'obbligazione è quello della consegna dei beni, ipotizzata come avvenuta in Italia.
Queste Sezioni unite ritengono di seguire la seconda soluzione, la quale impone di applicare le norme contenute nell'art. 31 della Convenzione di Vienna dell'11 aprile 1980 (resa esecutiva in Italia con L. 11 dicembre 1985, n. 765), secondo il quale, in mancanza di indicazioni specifiche la consegna si intende fatta al primo trasportatore perché faccia pervenire la merce all'acquirente (Cass. ss. uu. n. 7 del 2007) come del resto prevede l'art. 1510 c.c., C.U.''.