Scioglimento di comunione ereditaria
(Sentenza 9-11 marzo 2009, n. 237, Tribunale di Pistoia)
[Dott. Niccolò Calvani]
di Franco Ballati
Fatto
La sorella ha citato in giudizio il fratello per sentir ''sciogliere la comunione ereditaria sui beni immobili e sui beni mobili, condannare il convenuto a rendere il conto della gestione delle cose comuni''.
Il fratello (convenuto) si è costituito in giudizio eccependo la propria carenza di legittimazione passiva, per non essere più proprietario dei beni immobili, avendo egli trasferito i propri diritti ai figli, con rigetto di entrambe le domande proposte (di rendiconto e di risarcimento danni).
Chiamati in causa i figli dall'attrice, gli stessi si costituivano in giudizio, aderendo alla domanda di scioglimento e chiedendo il rigetto delle altre domande.
Diritto
Con la sentenza che si comunica il G.I. del Tribunale di Pistoia enuncia principi di diritto del tutto condivisibili.
Scioglimento della comunione di beni immobili
Il CTU, nella sua relazione, ha dichiarato che il bene immobile può essere facilmente divisibile in due parti.
Non è applicabile, quindi, il disposto dell'art. 720 c.c., che prevede, appunto, l'ipotesi della non ''comoda divisibilità'', con conseguente vendita all'incanto, ove nessuno dei coeredi abbia chiesto l'assegnazione dell'intero compendio ereditario, con conguaglio in denaro a favore dell'altra parte.
Si applicherà, invece, la fattispecie prevista dall'art. 729 c.c., senza assegnazione delle porzioni uguali mediale estrazione a sorte, perché una parte ha espresso preferenza per un lotto e l'altra non ha manifestato alcuna opposizione.
Scioglimento della comunione su beni mobili
La domanda non è stata riproposta al termine del giudizio; ma, rileva il Tribunale di Pistoia, pur respingendo la domanda in tal senso proposta dall'attrice, perché già oggetto di altra causa pendente davanti al Tribunale di Bologna, ''le domande non esplicitamente richiamate al termine del giudizio non possono essere considerate abbandonate, se risulta che la parte non ha mai in realtà inteso rinunciarvi'' .
Principio consolidato in giurisprudenza.
Rendiconto
La resa dei conti, prevista dall'art. 723 c.c., ''ha la funzione di rendere definiti e, quindi, liquidi i debiti e i crediti di ciascun comunista verso gli altri per il godimento di beni comuni o derivanti da atti di amministrazione compiuti nell'interesse comune'', e riguarda anche le spese per l'amministrazione dei beni, anche in caso di gestione di affari altrui condotta da alcuno dei comunisti, in base ad assunzione volontaria od a mandato ad amministratore (Cass. 93/6358), le spese sostenute per miglioramenti.
In caso di contestazione dei ''conti'', ove sia in corso un giudizio di divisione, l'azione da luogo ad un giudizio di rendiconto incidentale, nell'ambito del giudizio divisorio (Cass. 18/137).
Per cui si deve ribadire che: ''il rendiconto, ancorché per il disposto dell'art. 723 c.c. costituisca operazione contabile che deve necessariamente precedere la divisione, in quanto preliminare alla determinazione della quota spettante a ciascun condividente, non si pone tuttavia in rapporto di pregiudizialità con la proposizione della domanda di divisione giudiziale poiché ben può essere richiesta la divisione giudiziale ex. art. 1111 c.c. a prescindere dal rendiconto, a tanto potendosi e dovendosi provvedere nel corso del giudizio di divisione, sia nelle forme di cui agli artt. 263 e ss. c.p.c. sia mediante indagini e prove di tipo diverso, come la consulenza tecnica (Cass., 19 luglio 1993, n. 8040); in tema di divisione ereditaria, l'art. 723 c.c. prescrive che i condividenti, nel corso delle operazioni divisionali, si debbano rendere i conti, ma non stabilisce le modalità del rendiconto, né in particolare impone il ricorso a quelle degli artt. 263 e ss., c.p.c. la cui adozione, pertanto, è meramente facoltativa ed affidata alle scelte discrezionali del giudice del merito, il quale può preferire indagini e prove di tipo diverso (nella specie, consulenza tecnica) (Cass., 13 luglio 1991, n. 7797).