Opposizione a stato passivo ex art. 98 L.F. Non esistenza di un “mutuo fondiario” ex art. 67 u.c. L.F. Conoscenza dello stato di insolvenza
Sentenza 6.7-7.8.2009, n. 601/09, Tribunale di Pistoia
di Franco Ballati
Un istituto bancario ha proposto opposizione allo stato passivo, in quanto, in sede di verifica, il G.D. non aveva ammesso il credito, così come richiesto, in via privilegiata, per mancata prova dell'erogazione del mutuo fondiario.
Il Tribunale di Pistoia ha accolto l'opposizione proposta dalla banca, ammettendo però il credito al passivo del fallimento solo in via chirografaria, invece che in via ipotecaria, sulla base di alcune considerazioni in diritto che meritano di essere sottolineate, e pienamente condivisibili.
a) Mancanza, nel mutuo concesso, dei caratteri del mutuo fondiario, con conseguente inopponibilità alla Curatela fallimentare.
Dispone l'art. 67 u.c. L.F. che “le disposizioni di questo articolo non si applicano all'istituto di emissione, alle operazioni di credito su pegno e di credito fondiario”.
Ora, in relazione all'art. 38 D.Lgvo 385/1993, con deliberazione C.I.C.R. 22.4.1995 avente ad oggetto “norme in materia di credito fondiario, in attuazione del suddetto art. 38” si è precisato che “l'ammontare massimo del finanziamento di credito fondiario è pari all'80% del valore dei beni ipotecati”.
A seguito di una consulenza tecnica espletata in corso di causa, è stato accertato che il valore dell'immobile, oggetto di mutuo ipotecario fondiario, non superava € 272.000,00 per cui l'ammontare massimo del finanziamento di credito fondiario era superiore al 80% del valore commerciale dei beni oggetto del mutuo ipotecario (indicato in € 343.512,00).
Tale mutuo ipotecario (fondiario) era quindi inopponibile alla Curatela, per cui, sotto tale profilo, la decisione del Tribunale di Pistoia appare ineccepibile, dovendosi considerare il valore effettivo del bene, al momento dell'erogazione del mutuo, e non sulla base di una relazione di un perito di fiducia della persona cui viene erogato il mutuo, che non può assolutamente costituire mezzo di prova.
b) Mancata proposizione dell'azione revocatoria da parte del Curatore.
La difesa dell'istituto bancario ha eccepito che la Curatela avrebbe dovuto proporre una specifica domanda riconvenzionale, e cioè una azione revocatoria diretta alla declaratoria di inefficacia del mutuo fondiario.
La Corte di Cassazione ha ripetutamente affermato, invece, che la Curatela, con la proposta eccezione riconvenzionale (la c.d. “Revocatoria incidentale”), tende a paralizzare la proposta opposizione a stato passivo, deducendo un fatto impeditivo ed estintivo della pretesa fatta valere dall'opponente:
Infatti:
“L’ammissibilità della esclusione, nella fase necessaria del procedimento di accertamento del passivo, di un credito o di una garanzia fondata su titolo revocabile, è ormai pacificamente ammessa, tant’è che la Suprema Corte è costante nell’affermare che per escludere un credito o una garanzia dal passivo non è necessario che venga formalmente proposta dal curatore l’azione revocatoria, perché nel procedimento di verifica <<la legge consente al giudice delegato l’indicata esclusione sulla semplice contestazione del curatore medesimo>>.
La S.C. parla di <<contestazione>> del curatore, ma, più tecnicamente, deve dirsi che il Curatore che contesta l’ammissione di un credito o di una garanzia a causa della revocabilità del titolo da cui sorgono propone una eccezione, in quanto egli non si limita alla sola contestazione della fondatezza della domanda adducendo l’inesistenza dei fatti costitutivi della pretesa creditoria, che è esercizio di mera difesa, ma introduce un fatto modificativo e impeditivo, quale è la prospettazione di una causa di inefficacia, del diritto dedotto in quel procedimento allo scopo di pervenire al rigetto della domanda di insinuazione o al rigetto della collocazione preferenziale quando l’eccezione è diretta a colpire l’atto costitutivo di una garanzia.
Il fatto che la inefficacia eccepita sia l’effetto di una fattispecie suscettibile anche di autonomo accertamento in via di azione non trasforma l’eccezione in una domanda di accertamento incidentale (quella che in passato si chiamava eccezione riconvenzionale), perché l’eccezione revocatoria, essendo diretta al rigetto della domanda di insinuazione che si risolve nella contestazione del titolo costitutivo del diritto azionato dal creditore, introduce nel processo non un nuovo oggetto ma una questione pregiudiziale che va decisa dal giudice con statuizione sul punto efficace solo incidenter tantum” (Cass. 26.7.2002, n. 11029; Cass. 17.6.1994, n. 5875).
c) Conoscenza dello stato di insolvenza.
Oltre a quanto dedotto in proposito da Tribunale di Pistoia si osserva solo che, per giurisprudenza costante di legittimità, ai sensi dell'art. 67, II C., L.F., la prova della conoscenza, da parte del creditore, dello stato di insolvenza del debitore, poi fallito, può legittimamente fondarsi su elementi indiziari caratterizzati dai requisiti della qualità, precisione e concordanza.
E che per valutare il parametro della “comune previdenza ed avvedutezza” e della “normale ed ordinaria diligenza”, per la valutazione di quei semplici indizi dai quali si sarebbe potuto conoscere lo stato di insolvenza del debitore, non si potrà prescindere dal prendere in considerazione lo “status professionale” dell'istituto bancario (nella ns. fattispecie), ponendo a suo carico un onere di esercitare le capacità cognitive medie proprie della categoria di appartenenza, quantomeno in presenza di indici che possano denunciare uno stato di difficoltà finanziaria del cliente (Cass. n. 2557/2008).
Si è precisato che “occorre dare rilievo ai presupposti ed alle condizioni in cui si è trovato ad operare, nella specifica situazione, l'accipiens, ed in questo ambito anche all'attività professionale da esso esercitata ed alle regole di prudenza ed avvedutezza che caratterizzano, concretamente, indipendentemente da ogni doverosità, l'operare della categoria di appartenenza” (Cass. 7.2.2001, n. 1719).