Inammissibilità del ricorso per cassazione per mancata esatta indicazione delle norme violate in caso di trasporto di merci pericolose
Cassazione civ., sez. I, 1 agosto 2003, n. 11733
[Pres. A. Grieco – Rel. F.A Genovese]
di Franco Ballati
L’art. 168 Cod. strad., riguardante la disciplina del trasporto su strada dei materiali pericolosi nel testo applicabile “ratione temporis” prima delle modifiche introdotte dall’art. 20 D. Lgs. n. 507 del 1999, consta di tre gruppi di precetti e conseguenti previsioni sanzionatorie, stabilite rispettivamente, ai commi7, 8 e 9, nonché, quanto a quest’ultimo, anche attraverso il rinvio ai precetti contenuti nei commi, 2, 3 e.4. Pertanto, il ricorso per cassazione del Comune, proposto avverso la sentenza del Tribunale che ha annullato il verbale della Polizia municipale, contenente l’accertamento di una violazione dell’art. 168, in riferimento all’inosservanza del <marginale> n. 10321 dell’Allegato B alla direttiva Comunitaria n. 94/55/CE del 21 novembre 1994, per la sosta di un semirimorchio vuoto, ma non <bonificato> dai residui di carburante trasportato, in quanto privo dei necessari riferimenti ad alcuno dei diversi precetti contenuti nell’art. 168, ed alle fonti normative nazionali ivi richiamate per la loro integrazione, è inammissibile perché non consente di identificare quale sia la regola normativa che si assume violata dall’utente della strada.
Nel febbraio 1999 la Polizia Municipale di Genova elevava, al proprietario di un automezzo (semirimorchio-cisterna) una contestazione per violazione dell’art. 168 C.d.S., per essere stato lasciato il mezzo in sosta irregolare, vuoto ma non bonificato dai residui di carburante trasportato.
Proposta opposizione, il Tribunale di Genova annullava il verbale in questione, in considerazione del fatto che il veicolo-cisterna era risultato vuoto.
Il Comune di Genova proponeva quindi ricorso per cassazione deducendo l’esistenza di errori di diritto ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione.
Ora l’art. 168 C.d.S., al comma 8, prima delle modifiche introdotte dall’art. 20 del D.Lgs. 30 settembre 1999, n. 507, così statuiva:
“Chiunque trasporta merci pericolose senza regolare autorizzazione, quando sia prescritta, ovvero non rispetta le condizioni imposte, a tutela della sicurezza, negli stessi provvedimenti di autorizzazione, è punito con l’arresto sino ad otto mesi e con l’ammenda di … All’accertamento del reato conseguono le sanzioni amministrative accessorie della sospensione della carta di circolazione e della sospensione della patente di guida per un periodo da due a sei mesi …”.
Con il D.Lgs. n. 507/1999 (art. 20) la sanzione dell’arresto è stata sostituita con la sanzione amministrativa del pagamento di un somma da tre ai dodici milioni di lire; in più, al comma 8 bis, è stata aggiunta la previsione della sanzione accessoria della confisca amministrativa del veicolo, in caso di reiterazione della violazione.
La disciplina del trasporto su strada di materiali pericolosi, così come previsto ora dall’art. 168 C.d.S., era, inizialmente, regolata dalla Legge 10 luglio 1974, n. 579, poi abrogata dall’art. 231 dell’attuale C.d.S.).
Per la individuazione delle merci pericolose si rimanda agli allegati all’accordo europeo relativo al trasporto internazionale su strada di tali materiali, oggetto della Legge 12 agosto 1962, n. 1839 e successiva integrazioni e modificazioni (c.d. normativa ADR).
All’allegato B del D.M. 4 settembre 1966, modificato poi dal D.M.. 21 dicembre 2001, G.U. n. 1 del 21 gennaio 2002, le merci pericolose sono riportate in classi, in relazione al tipo e grado di pericolo che presentano:
Classe 1 – Materie ed oggetti esplosivi;
Classe 2 – Gas;
Classe 3 – Liquidi infiammabili;
Classe 4.1 – Solidi infiammabili, sostanze autoreattive ed esplosivi, solidi neutralizzati;
Classe 4.2 – Sostanze soggetto ad autocombustione spontanea;
Classe 4.3 – Sostanze che a contatto con l’acqua sviluppano gas infiammabili;
Classe 5.1 – Sostanze ossidanti (comburenti);
Classe 5.2 – Perossidi organici;
Classe 6.1 – Sostanze tossiche;
Classe 6.2 – Sostanze infettive;
Classe 7 – Materiali radioattivi;
Classe 8 – Materie corrosive;
Classe 9 – Materie ed oggetti pericolosi diversi.
Da ricordare, poi, i decreti emanati dal Ministero dei Trasporti: il D.M. 4 settembre 1996, in attuazione della Direttiva 94/55/Ce del Consiglio dell’Unione Europea (in G.U. n. 282 del 2 dicembre 1996); il D.M. 3 marzo 1997, in attuazione della Direttiva 95/50/Ce del Consiglio dell’Unione Europea (in G.U. n. 77 del 3 aprile 1997); il D.M. 14 maggio 1997 che, in attuazione della Direttiva 96/86/Ce del Consiglio dell’Unione Europea, adegua al progresso tecnico la precedente Direttiva 94/55/Ce; infine, il D.M. 3 maggio 2001 che, sulla base della Direttiva 2000/61/Ce del Parlamento Europeo, modifica ulteriormente la Direttiva 94/55/ce ed abroga, di fatto, il D.M. 4 settembre 1996 (in G.U. n. 129 del 6 giugno 2001).
All’art. 2 del succitato D.M. 3 maggio 2001 si intende per:
“"A.D.R.": l’accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci pericolose su strada, concluso a Ginevra il 30 settembre 1957, con le relative modifiche;
"veicolo": ogni veicolo a motore, completo o incompleto, destinato a circolare su strada, il quale abbia almeno quattro ruote ed una velocità massima di progetto superiore a 25 km/h, così come i suoi rimorchi ad eccezione dei veicoli che si spostano su rotaia, dei trattori agricoli e forestali e di tutte le macchine mobili;
"merci pericolose": le materie ed i prodotti il cui trasporto su strada è vietato, oppure autorizzato solo a determinate condizioni dagli allegati A e B al decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 4 settembre 1996 e successive modificazioni e dell’allegato C al presente decreto;
"trasporto": qualsiasi operazione di trasporto su strada effettuata da un veicolo, in tutto o in parte su strade ad uso pubblico situate nel territorio nazionale, comprese le attività di carico e scarico contemplate negli allegati A e B al decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 4 settembre 1996 e successive modificazioni e dell’allegato C al presente decreto, fatto salvo il regime previsto dalla legislazione nazionale per quanto riguarda la responsabilità derivante da queste operazioni. Le operazioni di trasporto effettuate interamente in un perimetro chiuso non aperto al pubblico sono escluse dalla presente definizione […]”.
Sulla base della normativa in questione che è periodicamente aggiornata, con cadenza generalmente biennale, e revisionata per quanto concerne le prescrizioni dei veicoli, gli imballaggi, le merci pericolose sono raggruppate in relazione alle loro proprietà ed al tipo di pericolo che rappresentano per la sicurezza e l’incolumità pubblica e ripartite, appunto, in classi.
Si è statuito, in proposito, che le attrezzature ed i sistemi di segnalazione previsti per i veicoli adibiti al trasporto di merci pericolose devono essere predisposti ed essere efficienti anche quando il veicolo che le trasporta sia in sosta, costituendo la sosta e le fermate fasi della circolazione (Cass. Pen., 25 giugno 1968, in Mass. Pen. Cass., 1969, 2011).
Nella fattispecie oggetto del ns. commento, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso proposto dall’Amministrazione comunale di Genova, non solo per l’assoluta genericità di un motivo dedotto, ma, soprattutto, perché sia il ricorso, sia il verbale di contestazione redatto dalla Polizia Municipale sono mancanti di un qualsiasi necessario riferimento ad una delle varie previsioni sanzionatorie previste dall’art. 168 C.d.S. (commi 7, 8 e 9).
Non è possibile pervenire alla identificazione della regola violata dal contravventore nell’ambito dell’art. 168 C.d.S., “atteso che i tre blocchi sanzionatori menzionati assumono, a presupposto della violazione, fatti – aventi anche natura normativa – ciascuno di diversa natura e rilevanza”.
Ciò in violazione del disposto dell’art. 201, co. 1, del C.d.S. e dell’art. 383, del regolamento attuativo.
Dispone, in proposito, l’art. 201, co. 1, che “il verbale, con gli estremi precisi e dettagliati della violazione … deve essere notificato all’effettivo trasgressore”.
E ribadisce l’art. 383, co. 1, del regolamento che: “il verbale deve contenere l’indicazione del giorno, dell’ora e della località nei quali la violazione è avvenuta …, la sommaria esposizione del fatto, nonché la citazione della norma violata”.
Nel caso in esame, tali obbligatorie prescrizioni non sono riportate nel verbale di contestazione redatto dalla P.M. di Genova, né nel ricorso per cassazione della amministrazione comunale.
Mancando tali necessarie indicazioni, utili a circoscrivere, anche attraverso l’esatta delimitazione del presupposto di normazione secondaria, il thema decidendum … non è dato comprendere, e quindi, trattare , le censure sollevate contro la decisione di merito”.
Principio, questo che appare assolutamente pacifico.
Ex art. 360, n. 3, c.p.c., il vizio della sentenza impugnata deve essere dedotto non solo mediante la puntuale indicazione delle norme che si dichiarano violate, ma anche mediante specifiche argomentazioni, intelligibili ed esaurienti, intese a dimostrare motivatamente come determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata risultino in contrasto con le specificate norme regolatrici della fattispecie o con una interpretazione delle stesse più aderente alla ratio legis od ai principi dell’ordinamento; in caso contrario, la Corte regolatrice non è posta in condizione di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione.
In proposito, fra le tante e le più recenti statuizioni, si veda: Cass., sez. II, 17 gennaio 2003, n. 633 (Pres. V. Calfapietra, Rel. G. Settimj); Cass., sez., I 27.3.2003, n. 4545 (Pres. G. Olla, Rel. F. Forte); Cass., sez. II, 26.8.2002, n. 12482 (Pres. M. Spadone, Rel. G. Settimj; e, in particolare, Cass., sez. II, 14.11.2002, n. 16022 (Pres. V. Calfapietra, Rel. G. Settimj):
“va rilevato che il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 n. 3 C.P.C. dev’esser dedotto non solo mediante la puntuale indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche, come questa Corte ha ripetutamente evidenziato, mediante "specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti" intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con ciascuna delle norme assunte come regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità e/o dalla prevalente dottrina, diversamente non ponendosi la Corte regolatrice in condizione d’adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento delle lamentate violazioni.
Ond’è, ai fini dell’ammissibilità del motivo di ricorso dedotto ai sensi della disposizione in esame, risulta inidoneamente formulata - come nel caso che ne occupa - la critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito, nel decidere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata dal ricorrente non mediante puntuali contestazioni delle soluzioni stesse in relazione a ciascuna norma indicata e nell’ambito d’una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate con il motivo, bensì mediante la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata.
Nella specie, in vero, all’enunciazione iniziale della violazione d’una rilevante pluralità superflua e confusoria di norme anche non pertinenti, non fa, poi, seguito una trattazione puntuale nella quale, per ciascuna di esse, vengano sviluppati argomenti in diritto con i contenuti richiesti dal combinato disposto degli artt. 360 n. 3 e 366 n. 4 C.P.C. perché al motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’uno, possa essere riconosciuto il requisito della specificità, imposto dall’altro, che ne consente la valutazione ad opera di questa Corte; parte ricorrente non ha, infatti, sviluppato nell’esposizione argomenti adeguati in diritto, intesi nel senso sopra precisato, per contestare, con specifico riferimento a ciascuna delle tante norme assuntivamente violate singolarmente considerata, in relazione a quale determinato convincimento espresso dal giudice del merito od a quale specifica determinazione dallo stesso adottata possa essere ravvisata un’altrettanto determinata applicazione erronea o falsa di quella singola norma in relazione a specifiche disposizioni dalla stessa impartite o nella stessa ravvisate dalla giurisprudenza o dalla dottrina prevalenti; essi si sono, per contro, limitati ad esporre proprie tesi giuridiche, invocando l’avallo di precedenti tra l’altro isolati o non pertinenti, in ordine all’applicazione d’alcune soltanto delle norme indicate, onde il motivo, sotto l’esaminato profilo, è da considerare in gran parte inammissibile per difetto della necessaria specificità”.
SENTENZA
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Favoni Luca proponeva opposizione contro il verbale di accertamento del Comando di Polizia Municipale di Genova del 23 febbraio 1999, contenente la contestazione dell’avvenuta violazione dell’art. 168 Codice della Strada (però, erroneamente citato nel verbale, come art. 169), per aver lasciato in sosta irregolare un semirimorchio-cisterna vuoto, ma non bonificato. A seguito di tale rilievo, al proprietario del mezzo, erano state ritirate anche le carte di circolazione.
2. Il tribunale di Genova annullava il verbale, sulla base del presupposto di fatto che il veicolo-cisterna era risultato vuoto, e compensava le spese.
3. Contro la sentenza del Tribunale propone ricorso il Comune di Genova, facendo valere tre mezzi di gravame, cui resiste, con controricorso, il proprietario del veicolo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo (con il quale deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto) il Comune ricorrente assume che il presupposto fattuale sulla base del quale è stata resa la decisione di primo grado sarebbe erroneo, perché il verbale dei vigili urbani aveva avvertito l’autore della violazione amministrativa che il semirimorchio lasciato in sosta irregolare, pur essendo vuoto, non stato “bonificato”. Tale errore, qualificato come errore di diritto, in relazione ai presupposti impliciti della decisione impugnata, comporterebbe o la correzione della motivazione ovvero la cassazione della sentenza per violazione o falsa applicazione di norme giuridiche.
2. Con il secondo motivo di ricorso (con il quale deduce nullità della sentenza o del procedimento) il Comune ricorrente deduce l’esistenza di vizi, verificatisi durante il corso del processo, e incidenti sulla sentenza di primo grado.
3. Con il terzo motivo (con il quale deduce omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione) il Comune ricorrente deduce che la decisione non avrebbe esaminato i punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, e che dalla stessa non emergerebbe il ragionamento posto a base della decisione. In particolare, mancherebbe l’esame della denunciata violazione della cd. normativa ADR (appendice B), contestata dal verbale dei Vigili Urbani, rispetto al pericolo di incendio.
4. Il ricorso va dichiarato inammissibile.
4.1. Non solo è inammissibile il secondo motivo, perché assolutamente generico e privo di ogni specificazione su quali siano state le violazioni, gli “errores in procedendo” che avrebbero viziato la decisione del giudice di merito, ma lo sono anche gli altri due, i quali vanno congiuntamente trattati per economia di giudizio e semplificazione del ragionamento.
4.2. Si assume che il giudice di merito avrebbe violato e falsamente applicato alcune norme giuridiche che non vengono neppure identificate (primo motivo) e che, nella motivazione della sentenza impugnata, mancherebbe l’esame della cd. normativa ADR (appendice B), contestata dai vigili Urbani nel verbale di accertamento portato all’esame del giudice di pace, della quale non viene fornita alcun’altra indicazione al di fuori di tale generica informativa. Ebbene, anche a voler identificare tale complesso normativo nell’Allegato B alla Direttiva comunitaria n. 94/55/CE del 21 novembre 1994, concernente il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto merci pericolose su strada, che pure si articola in numerosissimi <marginali> e che è stato aggiornato attraverso mutevoli interventi, nella forma del decreto ministeriale (delle quali indicazioni nulla si dice nel ricorso per cassazione, oltre che nel verbale impugnato davanti al giudice di pace), non si comprende quale parte dell’art. 168 del Nuovo codice della strada è chiamato a sanzionare l’inosservanza al <marginale> n. 10321, nelle prescrizioni del quale è da far rientrare il comportamento materiale ascritto al proprietario e conducente del veicolo abbandonato in una piazzola di sosta, con modalità irregolari. Infatti, l’art. 168 del Nuovo codice della strada, che consta di tre blocchi di previsioni sanzionatorie (quelle stabilite, rispettivamente, dai commi 7, 8 e 9 dell’art. in esame) era, al momento del fatto, privo di talune disposizioni (come il comma 8-bis) e, per le altre, conosceva una diversa formulazione, anteriormente alle modifiche introdotte dall’art. 20 del D. Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507. A sua volta, la previsione sanzionatoria di cui al comma 9, attraverso il rinvio ai precetti costituiti dai commi 2 ovvero 3 e 4, dello stesso articolo, costituisce l’epilogo punitivo di regole aventi diversa natura e consistenza. Orbene, sia il ricorso per cassazione che il verbale oggetto del giudizio di merito (il quale pure avrebbe dovuto indicare gli <estremi precisi e dettagliati della violazione>, come vuole l’art. 201, primo comma, del codice stradale e la <citazione della norma violata>, come stabilisce l’art. 383, comma l, del regolamento a detto codice) sono privi di qualsivoglia richiamo ad alcuna delle tre previsioni sanzionatorie (onde non è possibile intendere il senso del primo neppure alla luce del secondo) e, quindi, non è dato pervenire alla identificazione della regola violata (fra tutte quelle contenute nell’ambito del citato art. 168 del Codice stradale, in riferimento all’Allegato B (pure mutevole) della Direttiva comunitaria n. 94/55/CE del 21 novembre 1994, che si assume infranta dal contravventore. Tale difetto si palesa centrale ai fini della decisione della causa atteso che i tre blocchi sanzionatori menzionati assumono, a presupposto della violazione, fatti - anche aventi natura normativa - ciascuno di diversa natura e rilevanza {l’art. 168, infatti, fa riferimento alla osservanza di: prescrizioni relative all’imballaggio e del trasporto delle merci pericolose in base agli allegati di cui al comma 1 dell’art. 168; altre misure applicative, stabilite con decreto del Ministro dei trasporti di concerto con il Ministro dell’interno ovvero solo dal Ministro dei trasporti; condizioni per il trasporto di merci pericolose, ai fini del trasporto su strada, non comprese nel primo comma, ma ad essi assimilabili e stabilite con decreti del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’interno, del Ministro dell’industria, del commercio e dell’ artigianato e del Ministro della sanità, ecc.). Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile perché, senza tali necessarie indicazioni, utili a circoscrivere, anche attraverso l’esatta delimitazione del presupposto di normazione secondaria, il thema decidendum portato alla cognizione di questa Corte, non è dato comprendere e, quindi trattare, le censure sollevate contro la decisione di merito.
5. Ravvisandosi nei fatti giusti motivi, le spese del giudizio vanno compensate.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Compensa le spese del giudizio.