Clausole vessatorie in materia di competenza territoriale. Necessità della sottoscrizione
Una società propone opposizione ad un decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di una somma per forniture di merce non pagate, eccependo, nel merito, la mancata corrispondenza delle merci consegnate rispetto a quelle ordinate e la presenza di vizi e difetti nelle forniture, tali da renderle inidonee all’uso e non commerciabili; in via preliminare, eccepisce l’incompetenza territoriale del giudice adito, essendo competente il Tribunale di Prato in forza di specifiche clausole contenute nelle condizioni generali del contratto.
Il G.I. respinge la proposta eccezione di incompetenza, rilevando che la clausola che stabiliva la competenza esclusiva del Tribunale di Prato non era stata approvata in modo specifico dall’acquirente (clausola vessatoria), e che, anche se l’eccezione non era stata proposta dalla società opponente, l’accordo per la deroga della competenza territoriale richiedeva la specifica approvazione, ex art. 1341 c.c., e la forma scritta, a pena di nullità assoluta.
Nel caso in esame, non vi era stata alcuna sottoscrizione delle parti della clausola derogativa della competenza territoriale, ma solo l’indicazione, in calce alle fatture emesse dalla società opposta, fra le condizioni generali del contratto, della esclusività del Tribunale di Prato per qualsiasi contestazione giudiziaria.
Ciò in difformità ed in contrasto con il disposto dell’art. 29 c.p.c.; da qui la declaratoria, d’ufficio, della nullità assoluta di tale clausola contrattuale, per la mancanza di forma scritta, sulla base di un principio giurisprudenziale consolidato.
“Se l’accordo è inserito nelle condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti, oppure è contenuto in moduli o formulari, occorre la specifica approvazione per iscritto della relativa clausola” (Cass. 90/1988; Cass. 88/2291; Cass. 89/1013).
Ed a proposito delle “clausole vessatorie” si è anche statuito che “la specifica approvazione scritta richiesta dall’art. 1341 cod. civ. per le clausole contrattuali onerose (nella specie clausola compromissoria) deve essere effettuata mediante una sottoscrizione separata e distinta da quella in calce alle condizioni generali del contratto predisposto dall’altra parte, senza che sia necessario peraltro, che la sottoscrizione segua una letterale enunciazione della clausola stessa, essendo sufficiente che tale sottoscrizione sia apposta dopo una indicazione idonea a suscitare l’attenzione del sottoscrittore. Pertanto, l’esigenza di specifica approvazione delle predette clausole non può ritenersi soddisfatta nel caso in cui il contraente per adesione apponga un’unica firma in calce al contratto predisposto dall’altro contraente, anche se immediatamente dopo una dichiarazione di approvazione di dette clausole.” (Cass. 19.12.1997, n. 12455) e che è sufficiente il mero richiamo numerico delle clausole vessatorie (Cass. 9.2.1998, n. 1317).
Mentre non può ritenersi idonea, ai fini dell’approvazione scritta richiesta dall’art. 1341 c.c., la mera sottoscrizione di una generica dichiarazione di approvazione delle clausole contrattuali (Cass., 17.3.1998, n. 2849).
In via meramente esemplificativa si è riconosciuto carattere vessatorio alle clausole che:
- limitano la responsabilità del depositario gestore di un autoparcheggio pubblico (Cass., 14.1.1977, n. 129);
- prevedono l’intrasmissibilità agli eredi dell’indennità per invalidità permanente (Cass. 29.4.1988, n. 3234);
- escludono la responsabilità dell’assicuratore per sinistri derivanti da colpa grave dei dipendenti dell’assicurato (Cass., 8.6.1988, n. 3890);
- consentono il recesso dal contratto ad una sola delle parti contraenti (Cass., 21.11.1983, n 6392);
- subordinano l’indennizzabilità del danno, da parte dell’assicuratore, ad un particolare comportamento dell’assicurato (Cass., 21.10.1994, n. 8643);
- prevedono il principio del “solve et repete”,
Devono altresì essere specificatamente sottoscritte sia la clausola compromissoria che quella di arbitraggio.
(Avv. Franco Ballati)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI PISTOIA
SEZIONE DISTACCATA DI MONSUMMANO TERME
in persona del dott. Pierpaolo Grauso in funzione di giudice unico ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 3900 del Ruolo Generale per gli Affari Contenziosi per l’anno 1999, posta in deliberazione all’udienza del 5 dicembre 2000, e vertente
TRA
M.B.S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in…, che lo rappresenta e difende unitamente all’Avv., il tutto per delega in calce alla copia notificata del decreto ingiuntivo opposto
opponente
E
G. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in…, presso lo studio dell’Avv., che lo rappresenta e difende per delega a margine della comparsa di costituzione e risposta
opposta
Conclusioni: all’udienza del 5 dicembre 2000, i procuratori delle parti precisavano le conclusioni come da verbale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 18 dicembre 1999, la M. B. S.r.l. proponeva opposizione avverso il decreto n. 262/99, con il quale questo tribunale le aveva ingiunto il pagamento in favore della G. S.r.l. della somma di lire 39.570.380 portata da fatture riguardanti forniture di merce non pagate.
L’opponente eccepiva pregiudizialmente la incompetenza territoriale del giudice adito, indicando quale giudice competente il tribunale di.., in forza di due clausole contenute nelle condizioni generali di contratto stipulate dalle parti, delle quali la prima stabiliva come luogo di pagamento delle fatture Prato, la seconda fissava come foro competente per ogni contestazione giudiziaria in via esclusiva il medesimo foro di Prato.
Nel merito, la M. B. contestava la fondatezza della pretesa creditoria della controparte, per la mancata corrispondenza delle merci consegnate rispetto agli ordinativi, e per la presenza di vizi e difetti delle forniture, tali da rendere le stesse inidonei all’uso e non commerciabili (si trattava di capi di abbigliamento che la società acquirente avrebbe a sua volta venduto ai propri clienti), e chiedeva pertanto la revoca del decreto ingiuntivo opposto, nonché spiegava domanda riconvenzionale di riduzione del prezzo delle forniture e risarcimento danni.
Si costituiva la società opposta, concludendo per il rigetto dell’opposizione e la conferma del decreto ingiuntivo.
Invitate le parti, all’udienza ex art. 183 c.p.c., alla trattazione della causa con particolare riferimento alla sollevata eccezione di incompetenza, il giudice con ordinanza riservata dell’11 ottobre 2000 respingeva la richiesta di concessione della provvisoria esecuzione del decreto opposto e, ritenuta la causa matura per la decisione sulla questione pregiudiziale, rinviava per la precisazione delle conclusioni all’udienza del 5 dicembre 2000, all’esito della quale tratteneva la causa in decisione, assegnando alle parti i termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La prevalente giurisprudenza di legittimità, a partire dalla ormai risalente Cass. SS.UU. 11 novembre 1974, n. 3508, ritiene che la mancanza del requisito della specifica approvazione per iscritto delle clausole vessatorie, previste dall’art. 1341 co. 2 c.c., determini la nullità delle stesse, in quanto tale eccepibile anche dal predisponente e comunque rilevabile d’ufficio (cfr. fra le molte, Cass. 12 giugno 1998, n. 5860).
Il ricorso alla figura della nullità assoluta garantisce effettivamente, per l’aspetto della rilevabilità d’ufficio del vizio, un più vasto ambito di tutela in favore del contraente “debole” ma, in primo luogo, non appare rispettoso del dato letterale della norma, la quale stabilisce che le clausole in questione, ove non specificamente approvate, “non hanno effetto”; per altro verso, non sembra tenere conto delle conseguenze che il rilievo della nullità spiega sull’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza la clausola colpita da nullità, secondo il disposto dell’art. 1419 c.c..
Questo giudice ritiene pertanto preferibile una interpretazione che valorizzi maggiormente la lettera della legge, ed al contempo non si risolva in una forma di tutela che possa pregiudicare l’interesse dell’aderente al mantenimento in vita del contratto pur emendato dalla clausola vessatoria non approvata, interpretazione sostenuta in dottrina e che ha trovato riscontro in quell’orientamento giurisprudenziale, sia pure minoritario, secondo cui la specifica approvazione è requisito per l’opponibilità delle clausole medesime al contraente aderente, che e' il solo legittimato a farne valere la mancanza, ma non anche per la loro efficacia nei confronti della stessa parte che le ha predisposte (per il caso specifico di una clausola di deroga alla competenza territoriale, cfr. Cass. 23 ottobre 1991, n. 11213).
Un argomento di ordine sistematico in favore della tesi che qui si sostiene può essere peraltro rinvenuto nella disposizione dell’art. 1469-quinquies c.c., che sancisce la inefficacia della clausole vessatorie nei contratti del consumatore, mentre il contratto rimane efficace per il resto, con una espressa opzione del legislatore verso lo strumento della inefficacia onde assicurare al consumatore (dai lavori preparatori della legge 6 febbraio 1996, n. 52, la quale ha novellato il codice civile con la introduzione del capo relativo ai contratti del consumatore, emerge il rifiuto della soluzione della nullità) il vantaggio della salvezza del contratto; considerato pertanto che, secondo l’opinione prevalente, la tutela formale apprestata dall’art. 1341 co. 2 e quella sostanziale posta dagli artt. 1469-bis e segg. – nei limiti in cui vengano a sovrapporsi (si pensi ai contratti del consumatore stipulati per adesione) – concorrono, e la operatività della seconda non esclude che la prima continui ad operare, appare grandemente opportuno uniformare il trattamento delle clausole vessatorie per il profilo considerato.
Nel caso in esame, la mancata specifica approvazione per iscritto della clausola che stabilisce come competente per ogni contestazione giudiziaria il foro di Prato, contenuta nelle condizioni generali di vendita intercorse tra le parti, non è stata eccepita dalla società opponente, la quale ne ha al contrario invocato l’operatività, con la conseguenza che essa deve ritenersi pienamente efficace tra le parti.
Tuttavia, è noto che l’accordo delle parti per la deroga della competenza territoriale (tale dovendosi qualificare l’indicazione della competenza esclusiva di un determinato foro) non soltanto richiede la specifica approvazione per iscritto ai fini dell’art. 1341 co. 2 c.c., ma prima ancora richiede la forma scritta a pena di nullità assoluta, mentre nel caso in esame le condizioni di contratto redatte in calce alle fatture emesse dalla società opposta non recano alcuna sottoscrizione delle parti, con la conseguenza che l’emersione di tale circostanza, rilevabile d’ufficio, conduce alla declaratoria di nullità della clausola in questione ed al radicamento della competenza territoriale presso questo tribunale, quale foro dell’obbligazione di pagamento dedotta in giudizio.
Per effetto di quanto precede, l’eccezione pregiudiziale di incompetenza territoriale sollevata dall’opponente deve essere respinta, e la causa va pertanto rimessa sul ruolo, onde procedere ai necessari atti istruttori.
Le spese di lite saranno liquidate in sede di pronuncia definitiva.
P.Q.M.
Il Tribunale di Pistoia, sezione distaccata di Monsummano Terme, non definitivamente pronunciando sulla opposizione a decreto ingiuntivo proposta dalla M. B. S.r.l. nei confronti della G. S.r.l., così provvede:
a) respinge l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dall’opponente;
b) dispone con separata ordinanza la prosecuzione del giudizio;
c) spese al definitivo.
Così deciso in Monsummano Terme, il 5 dicembre 2000
Il Giudice
dott. Pierpaolo Grauso