Interposizione fittizia e negozio fiduciario
(Sentenza 860/2006 del Tribunale di Pistoia)
[Dott. Giovanni Signorelli]
di Franco Ballati
Merita di essere segnalata una (articolata e ben redatta) sentenza del Tribunale di Pistoia, la n. 860/06, che, in conformità ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, enuncia peraltro principi di diritto assai pertinenti e chiari in materia di interposizione fittizia e negozio fiduciario.
La fattispecie
L'ex marito conviene in giudizio la ex moglie, con due distinti atti di citazione, entrambe trascritti, fondando le due domande su di una dichiarazione (sottoscritta di pugno dalla ex moglie e dalla stessa non disconosciuta) nella quale questa riconosceva ed attribuiva al coniuge la quota per metà dei beni immobili a suo tempo acquistati.
Con il primo atto di citazione l'ex marito chiedeva l'accertamento dell'avvenuto trasferimento, in suo favore, della quota di comproprietà dei suddetti immobili; con il secondo atto di citazione la declaratoria di comproprietà dei beni immobili in questione ''intestati fittiziamente e fiduciariamente alla moglie''.
Diritto
Ora, diverse sono le due figure giuridiche della interposizione fittizia e del negozio fiduciario. L'interposizione fittizia di persona (ipotesi di simulazione relativa soggettiva) postula la imprescindibile partecipazione all'accordo simulatorio non solo del soggetto interponente e di quello interposto, ma anche del terzo contraente, chiamato ad esprimere la propria adesione all'intesa raggiunta dai primi due, onde manifestare la volontà di assumere diritti ed obblighi contrattuali direttamente nei confronti dell'interponente, con la conseguenza che la prova dell'accordo simulatorio deve, necessariamente, consistere nella dimostrazione della partecipazione ad esso anche del terzo contraente (vedi Cass. 15.5.1998, n. 4911).
Siamo invece in presenza di un negozio fiduciario quando un soggetto (il fiduciante) trasferisce un bene ad un altro soggetto (il fiduciario), imponendogli nel contempo il vincolo obbligatorio di ritrasferirgli in futuro il diritto, o di trasferirlo ad un terzo (Cass. 27.11.1989, n. 13261; 23.6.1998, n. 6246).
Il Tribunale di Pistoia conferma e meglio precisa tale assunto, rilevando che molteplici sono le forme con le quali si realizza il negozio fiduciario. Infatti:
''uno dei casi è quello che si concretizza con la duplicità di due negozi bilaterali: quello c.d. esterno, con il quale si realizza la volontà delle parti contraenti tesa ad un qualche effetto giuridico tipicamente previsto, solitamente il trasferimento di bene in proprietà dall'una all'altra; quello c.d. interno, distinto dal primo, stipulato da una delle parti del contratto esterno e da un terzo, che resta estraneo a questo, avente effetti obbligatori, e teso a modificare il risultato finale del primo, con il quale la parte acquirente si obbliga a trasferire il diritto acquistato, in tutto o in parte, al terzo oppure anche a farne un certo uso o a darne una certa destinazione. Le parti del contratto c.d. esterno, quindi, vogliono gli effetti naturali del negozio stipulato tra di loro; l'acquirente, tuttavia, è obbligato con il terzo a trasferirgli, in tutto o in parte, il diritto acquistato, in forza del c.d. patto fiduciario. La interposizione fiduciaria sta nel fatto che la parte acquirente del c.d. negozio esterno acquista in proprio, laddove avrebbe dovuto partecipare al contratto il terzo, se gli effetti finali riguardano solo il terzo, oppure ''anche'' il terzo, se gli effetti finali riguardano il contraente ed il terzo secondo il patto tra loro stipulato.
Il negozio fiduciario non può confondersi con il negozio assolutamente o relativamente simulato, giacché in quest'ultimo le parti in realtà non vogliono, concordemente, il verificarsi di alcun effetto giuridico o vogliono, sempre di comune accordo, il verificarsi di effetti in tutto o in parte diversi (anche sotto il profilo soggettivo), mentre nel negozio fiduciario gli effetti sono voluti; anche se, accanto a questi, se ne perseguono anche altri. Pertanto, quando il rapporto fiduciario riguarda solo una delle parti del c.d. negozio esterno ed un terzo, non è affatto necessario che la parte estranea all'accordo fiduciario ne sia a conoscenza, giacché in realtà quella non assume nessuna obbligazione ulteriore rispetto a quelle tipicamente conseguenti al contratto stipulato''.
Il Tribunale ha dunque respinto la domanda attrice, rilevando che di fatto manca il negozio interno in quanto la convenuta, con la sottoscrizione della dichiarazione ''da qualificarsi di scienza e non di volontà'', non ha trasferito ne si è obbligata a trasferire, a tempo debito, al marito, la metà di quanto acquistato.
Né l'altro può qualificarsi come negozio di accertamento, ''giacché a tale fine dovrebbe provarsi, come causa, la rimozione di una situazione di incertezza di un certo rapporto giuridico,come oggetto, la definizione del contenuto dì un precedente negozio, e, come effetto la costituzione di una obbligazione nuova che si sostituisca alla precedente, incerta (v. Cass,., sez. 2, n. 6001/1981). E, comunque, anche a voler qualificare quell'atto come negozio di accertamento, ugualmente nessun effetto traslativo sarebbe giuridicamente possibile (Cass., sez. 2, n. 9358/1987: ''L'acquisto derivativo della proprietà di un bene immobile postula un contratto a contenuto traslativo, intervenuto con il precederne titolare del diritto e soggetto alla forma scritta ad substantiam, mentre, in difetto di questo, non può discendere da un negozio di mero accertamento, il quale può eliminare incertezze sulla situazione giuridica, non sostituire il titolo costitutivo'').
Né, infine, la dichiarazione sottoscritta come riconoscimento della comproprietà del coniuge può essere considerata idonea a determinare attribuzioni patrimoniali e a provare trasferimenti già verificatesi. Perché ''il diritto di proprietà si trasferisce da parte di chi sia già proprietario mediante un qualche negozio che abbia effetti reali tipici (negozio di attribuzione patrimoniale). La sig.ra Tizia ha acquistato i beni immobili solo per sé e il contratto di compravendita stipulato nel 1968 non ha altri possibili ulteriori effetti reali, sotto il profilo soggettivo. Da. parte della proprietaria non vi è stata alcuna ulteriore manifestazione di volontà, tesa ad un successivo parziale trasferimento dei beni acquistati. L'atto dichiarativo del 1971, non può modificare la condizione giuridica della proprietà dei beni, così quale risulta dalla serie di trasferimenti a mezzo di negozi di attribuzione patrimoniale, fino all'ultimo, quello dei 1968. Ed infatti, in materia di diritti reali, il principio fondamentale dell'ordinamento è, da un lato, che la mera unilaterale attribuzione patrimoniale, priva di una delle cause (in senso tecnico-giuridico) meritevoli di tutela, non è idonea a determinare il trasferimento dal patrimonio del dichiarante al patrimonio altrui e, dall'altro lato, che non è estensibile la disciplina della ricognizione di debito. (v. Cass,. sez. 1 n. 12401/1992)''.