Nullità del contratto di locazione non registrato
Nullità del contratto di locazione non registrato
Sanatoria per tardiva registrazione
Esame della giurisprudenza della Corte di Cassazione – Aspetti pratici
Di Franco Ballati
Nullità del contratto di locazione ex art. 1418 c.c.
L’art. 1418 c.c. prevede che il contatto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente,
Produce la nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall’art. 1325 c.c., l’illeceità della causa, l’illeceità dei motivi nel caso indicato dall’art. 1345 c.c. e la mancanza, nell’oggetto, dei requisiti stabiliti dall’art. 1346 c.c.
È nullo negli altri casi stabiliti dalla legge.
Ex art. 1421 c.c. l’azione può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse e rilevata d’ufficio dal giudice.
Ex art. 1422 c.c. non è soggetta a prescrizione (salvo l’usucapione e l’intervenuta prescrizione delle azioni di ripetizione.
Ex art. 1423 c.c. il contratto nullo non può essere convalidato.
Ex art. 1424 c.c. il contratto nullo può essere convertito in un altro contratto del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma, nel caso in cui, in riferimento alle finalità perseguite dalle parti contraenti, vi fosse stata la loro volontà di sottoscriverlo, se avessero conosciuto la nullità.
Conseguenze della mancata registrazione del contratto di locazione (vedi Cass. civ., Sez. III, n. 25503 del 13.12.2016)
Se il contratto di locazione è nullo, ne deriva, per il conduttore, che la prestazione costituisce un indebito oggettivo, regolato dall’art. 2033 c.c. e non dall’art. 1458 c.c. (risoluzione del contratto per inadempimento), dal momento che le norme sull’inadempimento del contratto non vengono in rilievo nel caso di un contratto nullo, il quale non può mai produrre effetti, nemmeno nel caso di contratti di durata; cosicché la prestazione potrà dar vita, ricorrendone i presupposti, ad un diritto al risarcimento del danno ex art. 2043 c.c. o al pagamento dell’ingiustificato arricchimento, ex art. 2041 c.c., ma non la pagamento del canone.
Riferimenti legislativi
L’art. 1, comma 346, della legge del 30.12.2004, n. 311 così dispone:
- I contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati.
Con tre successive ordinanze, la Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta infondatezza della (proposta) questione di legittimità costituzionale del predetto articolo, con riferimento all’art. 24 della Costituzione (ordinanza 5.12.2007, n. 420), con riferimento agli art. 3 e 1 della Costituzione (ordinanze 25.11.2008, n. 389 e 09.04.2009, n. 110).
L’art. 13 della legge 431/1998, così come modificato ed innovato dall’art. 1, comma 59, della Legge di stabilità del 28 dicembre 2015, n. 208, a decorrere dal 1° gennaio 2016, così dispone, al comma 1:
È nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato. È fatto carico al locatore di provvedere alla registrazione nel termine perentorio di trenta giorni, dandone documentata comunicazione, nei successivi sessanta giorni, al conduttore ed all'amministratore del condominio, anche ai fini dell'ottemperanza agli obblighi di tenuta dell'anagrafe condominiale di cui all'articolo 1130, numero 6), del codice civile.
Nei diversi commi dell’art. 13 si prevedono vari tipi di nullità:
- al comma 1, la nullità dei patti occulti che integrano i contratti registrati e che prevedano un canone locatizio di importo “superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato”, al fine di evadere il fisco;
- al comma 3, la nullità delle pattuizioni che derogano, in difetto, i limiti della durata della locazione ad uso abitativo;
- al comma 4, la nullità delle pattuizioni dirette ad attribuire al locatore un canone superiore a quello dovuto , in quanto maggiore di quello iniziale contrattualmente stabilito o di quello massimo previsto dagli accordi locali “per immobili aventi le medesime caratteristiche e appartenenti alle medesime tipologie”;
- al comma 6, la nullità contrattuale dovuta alla mancata o non tempestiva registrazione del contratto di locazione
Riferimenti fiscali
Il Testo Unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registrazione (d.P.R. 26.04.1986, n. 131), dispone, agli artt. 2-13-16-17, l’obbligo di registrare gli atti che hanno ad oggetto la locazione dei beni immobili.
Con termine di 30 gg. sia per il versamento dell’imposta di registro dovuta, sia per la registrazione del contratto medesimo.
All’art. 69 del T.U.R. sono indicate le sanzioni previste per la mancata tempestiva registrazione del contratto, sanzioni che vanno dal 120% al 240% dell’imposta non versata.
Peraltro, se la registrazione avviene prima dei 30 gg. dall’originaria scadenza, la sanzione è ridotta dal 60% al 120%, con un minimo di € 200,00.
A Tali importi devono essere aggiunti gli interessi di mora (art. 55 T.U.R., comma 4 ~ ravvedimento operoso).
Da ricordare che per omessa registrazione si intende anche l’omessa indicazione dei dati catastali degli immobili locati, in quanto tale omissione non consente all’Agenzia delle Entrate di identificare correttamente l’immobile oggetto della locazione (art. 19, comma 15, del d.l. 78/2010).
Sul piano civilistico, da ricordare la norma di cui all’art. 7 della L. 431/1998, che subordinava alla registrazione del contratto locatizio la tutela del diritto alla esecuzione del provvedimento di rilascio; norma, peraltro, dichiarata incostituzionale per contrasto all’art. 24, comma 1, della Costituzione (sent. Corte Cost. 24 settembre - 5 ottobre 2001, n. 333).
Art. 79 della legge 27.07.1978, n. 392 ~ Patti contrari alla legge
Da rilevare, inoltre, che l’art. 79 della legge 392/78 è ancora in vigore, limitatamente alle locazioni non abitative, così disponendo:
È nulla ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dagli articoli precedenti ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge.
Il conduttore con azione proponibile fino a sei mesi dopo la riconsegna dell'immobile locato, può ripetere le somme sotto qualsiasi forma corrisposte in violazione dei divieti e dei limiti previsti dalla presente legge.
In deroga alle disposizioni del primo comma, nei contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, anche se adibiti ad attività alberghiera, per i quali sia pattuito un canone annuo superiore ad euro 250.000, e che non siano riferiti a locali qualificati di interesse storico a seguito di provvedimento regionale o comunale, è facoltà delle parti concordare contrattualmente termini e condizioni in deroga alle disposizioni della presente legge. I contratti di cui al periodo precedente devono essere provati per iscritto
Evoluzione giurisprudenziale di legittimità
Due sono le principali sentenze emesse dalla Cassazione a Sezioni Unite e concernenti la (mancata) registrazione del contratto di locazione:
- civ., S.U., n. 18213 del 17.09.2015
- civ., S.U., n. 23601 del 09.10.2017
Di altre pronunce, successive alla seconda, parleremo al termine di questo breve excursus sulla rilevanza civilistica degli adempimenti fiscali relativi al contratto di locazione degli immobili.
Da evidenziare, innanzitutto, che la citata sentenza della Corte di Cassazione a S.U. del 2015 si occupa solo delle locazioni immobiliari ad uso abitativo; mentre quella del 2017 si riferisce a tutte le diverse tipologie delle locazioni e dunque non solo abitative.
E diverse sono le conclusioni raggiunte nelle due sentenze (e nelle successive decisioni della Cassazione).
Precedente giurisprudenziali (e dottrinali)
Da premettere che l’art. 13 della legge 9.12.1998, n. 431, che, come si è visto prima, è stato modificato e riformulato, a partire dal 1° gennaio 2016, dall’art. 1, comma 59°, della legge 28.12.2015, n. 208, nelle intenzioni del legislatore ha l’obiettivo di sostituirsi alle disposizioni (già) previste dall’art. 79 della L. 392/1978, abrogato per quanto concerne le locazioni ad uso abitativo dall’art. 14, comma 4°, della L. 431/1998.
L’art. 79, come poc’anzi anticipato, rimane dunque in vigore solo per le locazioni ad uso non abitativo e per i rapporti locatizi fondati su contratti stipulati prima del 30 dicembre 1998 e giunti alla naturale scadenza senza essere stati rinnovati dalle parti dopo quest’ultima data.
Nelle varie decisioni della giurisprudenza di legittimità e nella valutazione delle conseguenze di natura civilistica che potevano derivare dalle violazioni di carattere tributario, in mancanza di disposizioni che sancissero, in modo specifico, la nullità del negozio giuridico elusivo di una norma di carattere tributario, si è posta la questione se si fosse in presenza di una nullità (virtuale) del contratto per frode alla legge (art. 1344 c.c.), oppure per violazione di una norma imperativa (art. 1418 c.c., 1° comma).
La risposta a tale quesito, di gran lunga prevalente, era stata quella di negare che tale norma di carattere fiscale avesse carattere imperativo, per cui veniva riaffermato il principio secondo cui
Le pattuizioni contenute in un contratto che siano dirette ad eludere, in tutto o in parte, la normativa fiscale, non implicano di per sè la nullità del contratto stesso, trovando nel sistema tributario le relative sanzioni (Cass. civ., 28.02.2007, n. 4785; vedi anche Cass. civ., 18.03.2008, n. 7282, nella materia delle locazioni ad uso non abitativo)
Si è riconosciuta la “l'inopponibilità del negozio all'Amministrazione finanziaria dell’operazione elusiva del negozio e cioè degli atti e dei contratti, senza però dichiarare la nullità” (vedi Cass. civ., S.U., n. 30055 del 23.12.2008), in quanto finalizzati, pur nel rispetto delle norme fiscali, a realizzare essenzialmente vantaggi fiscali indebiti.
Per cui le regole del diritto tributario non interferiscono con quelle attinenti alla validità civilistica degli atti, così come si evince, anche, dal disposto dell’art. 10, comma 3°, della legge 212/2000, in base al quale “le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto”.
Sentenza Cass. civ., S.U., n. 18213 (18214) del 17.09.2015
Le Sezioni Unite sono state chiamate a decidere sulla seguente questione (peraltro riportata nella sentenza di pari data, n. 18214):
se, in materia di locazioni abitative, la L. n. 431 del 1998, art. 1, comma 4, nella parte in cui prevede che "per la stipula di validi contratti di locazione è richiesta la forma scritta", prescriva il requisito della forma scritta ad substantiam ovvero ad probationem, e, nel primo caso, se l'eventuale causa di nullità sia riconducibile alla categoria delle nullità di protezione alla luce della disposizione di cui all'art. 13, comma 5 della stessa legge, a mente del quale "Nei casi di nullità di cui al comma 4 il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell'immobile locato, può richiedere la restituzione delle somme indebitamente versate. Nei medesimi casi il conduttore può altresì richiedere, con azione proponibile dinanzi al pretore, che la locazione venga ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto dal comma 1 dell'art. 2 ovvero dal comma 3 dell'art. 2. Tale azione è altresì consentita nei casi in cui il locatore ha preteso l'instaurazione di un rapporto di locazione di fatto, in violazione di quanto previsto dall'art. 1, comma 4, e nel giudizio che accerta l'esistenza del contratto di locazione il pretore determina il canone dovuto, che non può eccedere quello definito ai sensi del comma 3 dell'art. 2 ovvero quello definito ai sensi dell'art. 5, commi 2 e 3, nel caso di conduttore che abiti stabilmente l'alloggio per i motivi ivi regolati; nei casi di cui al presente periodo il pretore stabilisce la restituzione delle somme eventualmente eccedenti" (sent. 18214).
Da notare – come peraltro già anticipato – che entrambe le sentenze si riferiscono alle locazioni ad uso abitativo e, in particolare, alla ipotesi di simulazione relativa del canone del contratto di locazione.
In altre parole, se sia valido, o meno, un contratto di locazione registrato per un canone inferiore a quello reale e, ancora più specificatamente, quale sia il valore da attribuire ad un accordo dissimulato, contemporaneo al contratto di locazione e con il quale le parti (locatore e conduttore) stabiliscono un canone più alto di quello indicato e pattuito nel documento contrattuale fiscalmente registrato.
Si tratta, nella fattispecie, di valutare l’efficacia e la validità della registrazione tardiva dell’atto contro-dichiarativo, con il quale si sostituisce a quello originario il prezzo della locazione realmente pattuito fra le parti contraenti.
La sentenza dichiara la nullità insanabile di tale patto, anche in presenza dell’adempimento tardivo dell’obbligo di registrazione, così respingendo le interpretazioni giurisprudenziali precedenti (soprattutto di merito) che qualificavano tale nullità come sanabile, con efficacia sanatoria ex nunc o efficacia sanante ex tunc.
Cosicché, afferma la Cassazione nella sentenza 18213/2015,
La sostituzione, attraverso il contenuto della controdichiarazione, dell'oggetto apparente (il prezzo fittizio) con quello reale (il canone effettivamente convenuto) contrasta con la norma imperativa che tale sostituzione impedisce, e pertanto lascia integra la (unica) convenzione negoziale originaria, oggetto di registrazione.
Non la mancata registrazione dell'atto recante il prezzo reale (attesane la funzione già in precedenza specificata di controdichiarazione), ma la illegittima sostituzione di un prezzo con un altro, espressamente sanzionata di nullità, è colpita dalla previsione legislativa, secondo un meccanismo del tutto speculare a quello previsto per l'inserzione automatica di clausole in sostituzione di quelle nulle: nel caso di specie, l'effetto diacronico della sostituzione è impedito dalla disposizione normativa, sì che sarà proprio la clausola successivamente inserita in via interpretativa attraverso la controdichiarazione ad essere affetta da nullità ex lege, con conseguente, perdurante validità di quella sostituenda (il canone apparente) e dell'intero contratto.
In conclusione, la nullità di cui all’art. 13, comma 1°, della Legge 431/1998, non dipende dalla mancata registrazione, ma discende direttamente dalla violazione della norma imperativa. In quanto
L'atto negoziale avente funzione contro-dichiarativa, inserita nell'ambito del procedimento simulatorio, risulta, come già detto, insanabilmente affetto da nullità per contrarietà a norma imperativa.
Di quel medesimo atto nullo non può, pertanto predicarsi una ipotetica validità sopravvenuta (i.e., una sia pur impropria forma di conversione negoziale) in presenza di un requisito extraformale (la registrazione) di un negozio che, sul piano morfologico, resta identico salva la indicazione del canone diverso e maggiore. (sent. 18213/2015)
Sentenza Cass. civ., S.U., n. 23601 del 09.10.2017
Già con la sentenza n. 10498 del 28.04.2017, la Cassazione (questa volta a Sezione semplice) aveva riaffermato, sia pure in una fattispecie relativa ad una locazione non abitativa, la nullità del contratto di locazione non registrato, ma aveva precisato che, trattandosi di nullità atipica, la successiva registrazione tardiva produceva un effetto sanante ex tunc, cosicché il contratto doveva considerarsi valido fin dall’inizio.
Le Sezioni Unite erano state chiamate a decidere sulla seguente questione:
Se, in tema di contratti di locazione ad uso diverso da quello di abitazione, nell'ipotesi di tardiva registrazione (anche) del contestuale e separato accordo recante l'importo del canone maggiorato rispetto a quello indicato nel primo contratto registrato, sia configurabile un'ipotesi di sanatoria di tale nullità, ovvero se anche per le locazioni ad uso diverso da abitazione debba farsi applicazione del principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U., 17 settembre 2015, n. 18213, rv. 636471), con riferimento ai contratti di locazione ad uso abitativo, secondo il quale, su di un più generale piano etico/costituzionale, l'esclusione di una qualsivoglia efficacia sanante della registrazione tardiva consente di impedire che dinanzi ad una Corte suprema di un paese Europeo una parte possa invocare tutela giurisdizionale adducendo apertamente ed impunemente la propria qualità di evasore fiscale, e sia proprio la Corte di legittimità ad affermarne la liceità"
Dopo lungo excursus sulle precedenti pronunce giurisprudenziali sia di merito che di legittimità, nonché della legislazione vigente (vedi punto 7 cui si rimanda), la Corte di Cassazione, nella sua succitata sentenza, perviene a due conclusioni, dopo aver premesso che
la mancata registrazione del contratto di locazione di immobili è causa di nullità dello stesso
e che le conclusioni raggiunte devono valere sia per le locazioni ad uso abitativo che per le locazioni ad uso diverso:
- Registrazioni tardiva del contratto di locazione
(produce i suoi effetti con decorrenza ex tunc)
Può, pertanto, concludersi che il contratto di locazione ad uso non abitativo (non diversamente, peraltro, da quello abitativo), contenente ab origine la previsione di un canone realmente convenuto e realmente corrisposto (e dunque, in assenza di qualsivoglia fenomeno simulatorio), ove non registrato nei termini di legge, è nullo ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 346, ma, in caso di sua tardiva registrazione, da ritenersi consentita in base alle norme tributarie, sanabile, volta che il riconoscimento di una sanatoria "per adempimento" appare coerente con l'introduzione nell'ordinamento di una nullità (funzionale) "per inadempimento" (entrambi i termini da intendersi, come ovvio, in senso diverso da quello tradizionalmente riservato al momento esecutivo del rapporto negoziale).
È difatti innegabile che, nel caso di specie, l'interprete sia chiamato a confrontarsi con una vicenda di nullità efficacemente definita impropria o atipica - a tacer d'altro perchè il contratto produce i suoi effetti almeno fino a trenta giorni dalla sua stipulazione, termine ultimo per effettuare la registrazione, per poi assumere la qualificazione negativa sancita dal legislatore, mentre l'ammissibilità di un effetto di sanatoria troverebbe ulteriore conferma nella interpretazione sistematica delle norme di registro, e, segnatamente, di quelle sulla registrazione d'ufficio (D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 15 e 65).
La conseguente questione che si pone, all'esito del riconoscimento, alla registrazione tardiva, di un effetto sanante, è quella se tale effetto operi una reviviscenza del contratto con effetti retroattivi o meno.
La evidente anomalia della vicenda, che diacronicamente alterna una fase di piena validità ed efficacia del rapporto contrattuale ad una in cui subentra la totale invalidità ed inefficacia proprie della disciplina della nullità, in assenza di significativi indici normativi che possano indirizzare l'interprete verso l'una o l'altra soluzione (la sola fattispecie di sanatoria ove viene sancita espressamente la retroattività è quella di cui all'art. 2379 bis c.c., in tema di verbali assembleari di società), induce a ritenere che l'effetto sanante sia destinato a retroagire alla data della conclusione del contratto (in termini, di recente, Cass. sez. III n. 10498 del 2017).
L'effetto di sanatoria con efficacia retroattiva consente, difatti, di stabilizzare definitivamente gli (assai instabili) effetti del contratto, assicurando piena tutela alla parte debole del rapporto, volta che il conduttore non sarà esposto ad azioni di rilascio, godrà della durata della locazione come prevista ab origine nel contratto (e non dalla data della registrazione che, intervenendo a distanza di tempo dalla stipulazione, ne abbrevierebbe significativamente quanto arbitrariamente i termini di scadenza), conserverà il diritto all'avviamento, quello alla prelazione, ed ancora quello alla libera trasferibilità dell'azienda e del contratto.
Una diversa opzione, collocando il dies a quo della convenzione negoziale soltanto alla data della registrazione (lasciandone inalterato il dies ad quem), finirebbe poi per contrastare con la stessa disciplina legale della durata del contratto, ponendosi al di fuori della stessa ratio della sanatoria, che finirebbe per creare un impredicabile effetto di novazione del contratto originario (indirettamente) per factum principis.
- Registrazione tardiva del solo accordo simulatorio (o patto dissimulato)
Nessun rilievo può assumere la successiva registrazione dell'atto contro-dichiarativo recante la pattuizione di un canone maggiore, posto che l'adempimento formale (ed extranegoziale) dell'onere di registrazione di tale patto "non vale a farne mutare sostanza e forma rispetto alla simulazione", risultando "inidoneo a spiegare influenza sull'aspetto civilistico della sua validità/efficacia".
Infatti,
l’atto negoziale contro-dichiarativo risulta insanabilmente e testualmente nullo per contrarietà a norma di legge, da ravvisare nell’art. 13, comma 1° (della L. 431/1998), espressamente volto ad impedire la sostituzione del canone apparente con quello reale convenuto con il patto occulto, restando tale anche a seguito della sopravvenienza di un requisito extraformale ed extranegoziale, quale la registrazione.
In conclusione, secondo le Sezioni Unite (vedi punto 25 della sentenza che si commenta)
È convincimento del collegio che, se in caso di omessa registrazione del contratto contenente la previsione di un canone non simulato ci si trova di fronte ad una nullità testuale L. n. 311 del 2004, ex art. 1, comma 346, sanabile con effetti ex tunc a seguito del tardivo adempimento all'obbligo di registrazione, nel caso di simulazione relativa del canone di locazione, e di registrazione del contratto contenente la previsione di un canone inferiore per finalità di elusione fiscale, si è in presenza, quanto al cd. "accordo integrativo", di una nullità virtuale insanabile, ma non idonea a travolgere l'intero rapporto - compreso, quindi, il contratto reso ostensibile dalle parti a seguito della sua registrazione.
Queste, in sintesi, le puntualizzazioni della sentenza n. 23601/2017, che, in buona parte, riprende le decisioni della precedente sentenza a Sezioni Unite n. 18213/2015:
- Dichiara, nella specifica materia delle locazioni, la disciplina tributaria come “norma imperativa”, anche sul piano civilistico, per cui riconosce
l'avvenuta introduzione nel nostro ordinamento, nella specifica materia della locazione, di un principio generale di interferenza dell'obbligo tributario con la validità negoziale, nonchè sulla opportunità di raggiungere una omogeneità di effetti tra le discipline succedutesi nel tempo (in particolare quella del 1998 e quella del 2004) e, infine, sul rilievo etico/costituzionale del corretto adempimento degli obblighi tributari.
- La mancata registrazione totale del contratto determinerebbe una nullità successiva derivante dalla violazione di un requisito extraformale di validità (nullità per inadempimento, sanabile retroattivamente in presenza di un successivo adempimento tardivo; ciò ex art. 1423 c.c.
Si viene così a superare la regola sancita dall’art. 10, comma 3°, della L. 212/2000, Statuto del contribuente), in forza della quale le disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto; ciò sulla base della regola tributaria elevata al rango di norma imperativa civilisticamente rilevante, nella sola materia delle locazioni immobiliari.
- Cosicchè la decisione della Corte (criticata dalla maggior parte della dottrina) varrebbe sia per le locazioni ad uso abitativo (ex art. 13 L. 431/1998, così come successivamente modificato), sia per quelle ad uso diverso (ex art. 79 L. 392/1978)
- La successiva registrazione del patto occulto di maggiorazione del canone, rispetto a quello risultante dal contratto scritto e registrato, determina una ipotesi di nullità virtuale, ex art. 1418 c.c., comma 1°, c.c., in quanto in contrasto con norma tributaria elevata a rango di norma imperativa.
Non essendo possibile la sanatoria della nullità, resterebbe valido il contratto simulato, cioè quello recante il corrispettivo apparente (ma fra le parti contrenti non voluto).
Sul punto, vedi anche, successivamente, Cass. civ. 31.01.2017, n. 2368:
La nullità prevista dalla L. n. 431 del 1998, art. 13, comma 1, sanziona il patto occulto di maggiorazione del canone, che, in quanto nullo, non è sanato dalla registrazione tardiva, fatto extranegoziale inidoneo ad influire sulla validità dell'atto. Ne consegue che resta valido il solo contratto registrato ed è quindi dovuto solamente il canone apparente
Concludendo: le Sezioni Unite, con la sentenza n. 23601 pubblicata il 9 ottobre 2017, hanno ricondotto ad unità i principi in tema del rapporto tra norme civilistiche e norme tributarie concernenti i rapporti di locazione sia ad uso abitativo, sia ad uso diverso dall’abitazione, superando il fatto della mancanza di una norma che espressamente sancisca la nullità testuale del patto di maggiorazione del canone nell’uso diverso.
La decisione ha chiarito l’efficacia, in ambito di locazioni non abitative, dell’accordo con il quale le parti prevedano un certo canone, dichiarandone però un altro.
Osservano i giudici di legittimità che la mancanza di una norma espressa che sancisca la nullità testuale del patto di maggiorazione del canone, dettata per le locazioni ad uso abitativo dal citato art. 13 legge 431/1998, non impedisce di ritenere nullo tale patto, a prescindere dalla registrazione, in forza del divieto di cui all’art. 79, L. n. 392/1978.
Sostanzialmente il patto aggiunto determina una nullità che colpisce solo tale illegittimo aumento di canone (vitiatur sed non vitiat) restando valido ed efficace il contratto prevedente il diverso e minor canone.
Tale nullità non deriva dalla sola violazione dell’obbligo di registrazione, perché altrimenti vi sarebbe un effetto sanante nel caso in cui – come nella specie – una delle parti vi provveda seppure tardivamente. La tardiva registrazione del patto aggiunto, di per sé illegittimo, non è idonea a sanarne la nullità, anche se per le locazioni ad uso diverso non vi è una norma ad hoc (prevista invece per quelle abitative: art. 13, L. n. 431/1998, ma solo il disposto dell’art. 79, L. n. 392/1978 perché come afferma la S.C. “una simile conseguenza sembra coerente non solo con il diverso tenore delle predette norme, le une intese a vietare la sostituzione di una clausola sostanziale del contratto, l’altra a sanzionare direttamente la violazione tributaria, ma anche con l’intenzione del legislatore del 2004, evidentemente tesa ad ampliare e rafforzare, rispetto alla normativa del 1998, l’effetto dissuasivo nei confronti degli infedeli locatori, e non pare affatto priva di ragionevolezza rispetto agli interessi pubblici inerenti al prelievo fiscale, in quanto mira a spiegare il proprio effetto dissuasivo, inteso nel senso di non rendere conveniente alle parti la registrazione di un contratto contenente un canone simulato consentendo loro di provvedere alla registrazione dell’”accordo integrativo” solo in caso di sopravvenuto conflitto tra i contraenti.”.
Sentenza Cass. civ., Sez. III, n. 9475 del 09.04.2021
La sentenza della Sezione III della Cassazione del 9 aprile 2021 aggiunge un ulteriore “tassello” alle precedenti statuizioni delle Sezioni Unite.
In sostanza, si precisa:
- Sulla base di una interpretazione testuale dell’art. 1, comma 59°, della legge 208/2015, l’art. 13, comma 6°, della legge 431/1998, deve ritenersi applicabile a tutti i contratti di locazione stipulati successivamente al 30.12.1998 e non solo a quelli stipulati dal 1° gennaio 2016;
- La stipula del contratto in forma verbale e la mancata registrazione devono ritenersi causa di nullità relativa del contratto, azionabile solo dal conduttore, ma non dal locatore, né rilevabile d’ufficio dal giudice (non trattandosi, appunto, di nullità assoluta).
In conclusione, sulla base delle statuizioni della Corte nella sentenza in esame,
Diversamente da quanto opinato dal giudice a quo, il riferimento testuale, nella L. n. 431 del 1998, art. 13, comma 7 come sostituito dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 59, alla "entrata in vigore della presente legge" (la cui entrata in vigore va considerata quale discrimine temporale tra i contratti sorti anteriormente e quelli invece successivi, questi ultimi soltanto soggetti alla disciplina di cui al comma 6) deve intendersi come rimandante alla data di entrata in vigore della legge modificata (L. n. 431 del 1998) e non a quella modificante (L. n. 208 del 2015).
[...]
Ciò precisato, la conseguenza che deriva dalla soggezione della fattispecie alla norma in questione (ripetesi, la L. n. 431 del 1998, art. 13, comma 6, come sostituito dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 59), ancorchè introdotta in data successiva alla instaurazione del giudizio, è che la stipula del contratto in forma verbale e la connessa mancata registrazione sono da ritenersi causa di nullità (solo) relativa del contratto, come tale dunque azionabile solo dal conduttore, non anche dal locatore, nè rilevabile d'ufficio dal giudice, dovendosi pertanto considerarsi errata, in diritto, la decisione di primo grado, confermata in appello, che tale nullità ha rilevato d'ufficio.
Da evidenziare, sul punto specifico della mancata registrazione del contratto e della sanatoria della nullità a seguito della sua registrazione tardiva, fra le diverse, altre due sentenze della III Sezione:
- la 15582 del 04.06.2021
- la 34156 del 20.12.2019
con le quali è stato ribadito il seguente principio di diritto:
Sul tema degli effetti sananti della registrazione tardiva del contratto sono intervenute le Sezioni Unite di questa Corte che, con la pronuncia del 9 ottobre 2017, n. 23601, hanno affermato che il contratto di locazione di immobili, sia ad uso abitativo che ad uso diverso, contenente ab origine l'indicazione del canone realmente pattuito (e, dunque, in assenza di qualsivoglia fenomeno simulatorio), ove non registrato nei termini di legge, è nullo ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 346, ma, in caso di tardiva registrazione, da ritenersi consentita in base alle norme tributarie, può comunque produrre i suoi effetti con decorrenza ex tunc, atteso che il riconoscimento di una sanatoria "per adempimento" è coerente con l'introduzione nell'ordinamento di una nullità (funzionale) "per inadempimento" all'obbligo di registrazione.
È stato pure precisato da questa Corte che "tale registrazione rimessa all'iniziativa di entrambe le parti, locatore e conduttore, sana il contratto, con decorrenza ex tunc degli effetti giuridici del medesimo, giacchè una soluzione diversa si risolverebbe in una inaccettabile "novazione del contratto originario (indirettamente) per factum principis", inficiando la "disciplina legale della durata del contratto"... La registrazione provoca un effetto sanante ex tunc, retroagendo alla data di conclusione del negozio, considerata l'evidente anomalia della vicenda, che diacronicamente alterna una fase di piena validità ed efficacia del rapporto ad una in cui subentra la totale invalidità ed inefficacia proprie della disciplina della nullità e la stabilizzazione definitiva degli effetti del contratto che può dare l'efficacia sanante retroattiva" (v. Cass. 20/12/2019, n. 34156).
Ciò sulla base delle seguenti conclusive considerazioni in diritto, enunciate dalla citata sentenza della Cass. civ., III Sez., n. 34156 del 20.12.2019:
- deve ritenersi risolutiva la decisione della Cass. a Sez. Unite del 09.10.2017, n. 23601 sull’obbligo di registrazione del contratto ex l. 311/20074, art. 1, comma 346 (nullità dei contratti in mancanza di registrazione);
- tale nullità concerne tutti i contratti di locazione o che costituiscano diritti reali di godimento, ad eccezione di quelli con durata non superiore a 30 gg. complessivi all’anno;
- in un primo momento la giurisprudenza aveva ritenuto che la violazione della norma di diritto tributario non andasse ad interferire con le norme relative alla validità civilistica degli atti, per cui la nullità veniva dichiarata “praeter legem o sospesa perchè non derivante da un vizio genetico dell'atto o da un elemento di struttura o di funzione, bensì dal successivo inadempimento di un obbligo "esterno" di registrazione del contratto”;
- la giurisprudenza di merito, in gran parte qualificava "la registrazione del contratto come condizione di efficacia dello stesso, con conseguente applicazione dell'art. 1360 c.c. e riconoscimento di efficacia ex tunc alla tardiva registrazione”;
- con le ordinanze del 5.12.2007, n. 420, del 19.11.2008, n. 389 e del 9.4.2009, n. 110, “ha elevato la norma tributaria al rango di norma imperativa, la violazione della quale determina la nullità del negozio ai sensi dell'art. 1418 c.c.”.
- cosicché
Sebbene l'art. 1, comma 346, non si occupi della sanatoria della nullità, la giurisprudenza più recente di questa Corte, che ha preceduto la pronuncia a sezioni unite n. 23601/2017 - cfr. soprattutto Cass. 28/04/2017, n. 10498; Cass. 06/09/2017, n. 20858 - già si era cimentata nello sforzo di chiarire il significato del termine nullità, di adeguarsi alle tre citate decisioni del Giudice delle leggi e di "smarcarsi" dal principio di non interferenza, ammettendo la sanabilità del contratto, giacchè, se è vero che l'art. 1423 c.c., richiede a tal fine una previsione di legge ad hoc, e benchè manchi una disposizione espressa in questo senso, dal complessivo esame della normativa tributaria emerge con certezza la possibilità di una tardiva registrazione (in particolare, cfr., D.P.R. n. 131 del 1986, art. 38 e art. 76, comma 5, nonchè l'istituto del "ravvedimento operoso" di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13), vieppiù giustificata dal carattere "improprio o atipico" di tale nullità, che si caratterizza per il mancato compimento di un'attività "esterna" al negozio stesso, il quale, di per sè, risulta perfezionato e privo di difetti strutturali. La registrazione provoca un effetto sanante ex tunc, retroagendo alla data di conclusione del negozio, considerata l'evidente anomalia della vicenda, che diacronicamente alterna una fase di piena validità ed efficacia del rapporto ad una in cui subentra la totale invalidità ed inefficacia proprie della disciplina della nullità e la stabilizzazione definitiva degli effetti del contratto che può dare l'efficacia sanante retroattiva.
Concludendo, in tema di nullità (nelle locazioni) si può dire che ne esistono due, sulla base della giurisprudenza commentata:
- quella “tipica”, o “propria” o “canonica”;
- quella “atipica”, o “impropria” o “tributaria” o “virtuale”, o “nullità per inadempimento”, derivante da un mancato adempimento di un onere di carattere tributario, di violazione di “un requisito extraformale di validità” di elevato a norma imperativa (ex art. 1418, co. 1°, c.c.)
- la prima, ovvero la nullità tipica, concerne l’invalidità insanabile del contratto; può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, in quanto conseguenza di un vizio talmente grave da inficiare l’esistenza stessa dell’atto. La pronuncia giudiziale di nullità ha carattere dichiarativo (e non costitutivo).
Tale nullità, che concerne il solo patto di maggiorazione del canone (e non il contratto in sé, che rimane quindi valido), determina una “intesa simulatoria”, illecita di per sé (indipendentemente dalla mancata registrazione) che non potrà essere sanata da un’eventuale, successiva registrazione tardiva del contratto locatizio.
Ciò ex art. 1423 c.c.
- La “nullità per inadempimento”, derivante dalla violazione un “requisito extraformale di validità” (la mancata registrazione) è ritenuta sanabile retroattivamente, ex tunc, in presenza di un successivo adempimento (tardivo), ex art. 1423 c.c.
Ciò in forza di una norma speciale (solo in materia di locazioni immobiliari) che avrebbe elevato la regola tributaria al rango di norma imperativa civilisticamente rilevante.